Solo il 17% delle imprese italiane, quindi neanche una su cinque, ha un piano contro i cambiamenti climatici. Troppo poco. Soprattutto se a questi dati aggiungiamo il fatto che solo il 5% delle famiglie, fin qui, ha installato pannelli solari (https://ecosunitaly.com/blog/il-nostro-blog-1/post/fotovoltaico-in-italia-solo-il-5-delle-famiglie-ha-installato-in-casa-dei-pannelli-solari-19). Le fotografie statistiche dell'Italia, insomma, continuano a mostrare un Paese che continua a faticare nella trasformazione energetica.
La ricerca
I dati sono stati diffusi dalla ricerca “L’impegno delle aziende italiane per il net-zero” realizzata da Ipsos e dal Network italiano del Global Compact delle Nazioni Unite (UNGC), quella che viene considerata la più grande iniziativa di sostenibilità d’impresa al mondo. Alla scrittura della ricerca, presentata nei giorni scorsi al Padiglione Italia della Cop28 a Dubai, ha collaborato anche il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin che ne ha scritto la prefazione. “I dati della ricerca ci dicono che tra le aziende italiane c’è ancora molto da fare, il rapporto tra chi ha adottato un piano sul clima e chi non lo ha fatto è di uno a cinque, decisamente basso considerato il peso della nostra economia”, ha spiegato Marco Frey, Presidente UN Global Compact Network Italia.
Cosa fare per migliorare?
“Il ruolo del settore privato è cruciale”, ha detto il Presidente Frey, “ma è necessario sviluppare e implementare iniziative di supporto che possano guidare le imprese nell’ambizioso percorso verso il net-zero. Dobbiamo lavorare da un lato per consolidare e accelerare i progressi delle aziende virtuose e dall’altro per coinvolgere le imprese che non hanno ancora affrontato la questione climatica”. Per Daniela Bernacchi, Direttore Esecutivo UN Global Compact Network Italia, “non c’è dubbio che nel mondo aziendale esista una forte consapevolezza del tema ambientale”. L’88% delle imprese italiane riconosce, infatti, che la sostenibilità dovrebbe orientare tutte le scelte aziendali, ma al tempo stesso solo una su 10 afferma di avere “molto chiaro” il concetto stesso di sostenibilità. Resta quindi la distanza tra i desideri, spesso però vaghi e la concretizzazione dei piani. 'Un limite che si traduce in una mancanza di iniziative sul clima - aggiunge Bernacchi, che sottolinea invece come “i riscontri pervenuti dalle aziende che fanno parte del Global Compact delle Nazioni Unite rivelino differenze significative rispetto all’universo di riferimento'. Se si considera soltanto la platea di chi aderisce a UNGC, il 64% ha già definito un programma di contrasto al cambiamento climatico (contro una media nazionale del 22%) e otto aderenti su 10 calcolano le proprie emissioni (contro una media nazionale di un’impresa su dieci). 'Una conferma - conclude Bernacchi - di quanto sia importante la condivisione di questo percorso insieme ad altre imprese in una logica di rete. Il Global Compact ONU vuole essere proprio questo, uno strumento per pianificare obiettivi ambiziosi, facendo leva sulla forza del network per raggiungere anche le PMI'. Il Ministro Pichetto Fratin, introducendo la ricerca, afferma infatti che 'a valle dell’impegno già in essere delle grandi aziende, l’obiettivo è integrare le piccole e medie in un percorso di transizione industriale nazionale: questo dovrà tenere conto di misure a supporto che riguardano l’accesso alla finanza e le agevolazioni, il tema delle competenze tecniche e la competitività nel lungo periodo'.
Ma cosa frena le aziende?
Al primo posto, come ovvio, gli investimenti. Il 34% degli intervistati ha infatti dichiarato che trova dei limiti economici che non consentono di fare investimenti adeguati. Per il 27% è tutta colpa della burocrazie e per un altro 27% mancano invece le figure professionali competenti. In quali settori si sta facendo di più? Secondo l'analisi dove si sta provando a fare più e forse meglio è nella moda, nel food e nelle utilities che si riscontrano i livelli di conoscenza maggiori. In alcuni settori, come quello delle costruzioni, le conoscenze sono, invece, piuttosto sommarie e scarse. E questo è davvero strano visto che il settore delle costruzioni invece dovrebbe essere il settore trainante della rivoluzione green.